Maranhão On The Road: S4C in the Land of the Landless /1

[ENGLISH ABSTRACT: S4C photographer, Gaia Squarci is about to leave to Maranhao, a Brasilian State in the North-East of the Country. She’ll attend a social photography workshop with S4C photographer Giulio Di Meo. They’ll travel around the State discovering stories of the Movement of the Sem Terra (“Landless Workers’ Movement” – learn more on Wikipedia). She volunteers to send us a daily photo – should she find a decent connection, of course – telling a story…. Ready to tour the Land of the Landless?]

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La nostra fotografa Gaia Squarci è in partenza per lo stato brasiliano del Maranhao, nel nordest del Paese. Seguirà Giulio Di Meo (anch’egli S4C) nel suo bellissimo workshop di fotografia sociale sulle tracce del Movimento dei Sem Terras.

Ha accettato (e la ringraziamo) di raccontarci, con una foto (più o meno ogni giorno, connessioni permettendo), il loro viaggio on the road alla scoperta degli asentamientos e tutte le storie lì racchiuse….

AA

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Partenza: Milano Linate 15 luglio 2010, ore 6.35. Scali a Lisbona  e Rio per un arrivo a S. Luìs alle 0.50 del 16 luglio.

(Giulio Di Meo, Gaia Squarci e gli altri compagni di avventure saranno più o meno da queste parti...)

(Giulio Di Meo, Gaia Squarci e gli altri compagni di avventure saranno più o meno da queste parti...)

Una notte in albergo e domattina subito nell’entroterra.

Parto per lo stato del Maranhao, nord-est del Brasile, per un workshop di fotografia sociale diretto dal fotografo Giulio di Meo.

Il viaggio si concluderà il 30 luglio, il tempo non è molto, ma si cercherà di metterlo a frutto per conoscere dall’interno il modo in cui opera il movimento Sem Terras (MST), capire come si vive negli accampamenti e asientamientos affiliati, e tradurre le impressioni in immagini che sappiano parlare.

Il movimento nasce negli anni 80’ in conseguenza della crisi del modello economico imperante in Brasile fin dal colonialismo: attraverso il latifondo l’1% delle famiglie ha tuttora in mano il 47% delle terre coltivabili, destinate ad estensioni di monocolture come caffè, eucalipto e cotone.

Ad esse si aggiungono gli investimenti delle corporation straniere che legano il paese alle proprie logiche ed esigenze economiche, impedendo di conseguenza lo sviluppo delle piccole proprietà terriere.

Le immense estensioni del latifondo nel 62% dei casi non sono messe a frutto e la manodopera continua a basarsi in larga parte sul lavoro schiavo; in tale stato di cose le rivendicazioni dei Sem Terras, che chiedono principalmente la riforma agraria, si basano sull’articolo della Costituzione brasiliana del 1988, secondo cui le terre coltivabili lasciate a sé stesse possono essere espropriate per il benessere sociale ed occupate da chi non ha nulla.

Appellandosi a questo principio i responsabili del movimento raccolgono contadini dipendenti o persone che vivono nelle favelas attorno alle città e hanno desiderio di praticare l’agricoltura possedendo terre proprie, fanno formazione politica ed economica, spiegano obiettivi, cause e conseguenze, e quando un gruppo, in genere composto da una sessantina di famiglie, è pronto e consapevole, si procede con l’occupazione di un appezzamento di terra, di solito proprietà di un latifondista (fazendero).

L’occupazione avviene di notte, in modo che la mattina seguente siano già in piedi le prime baracche di legno; la resistenza, all’inizio armata, deve far fronte alle incursioni violente delle guardie (guerrillos) della fazenda, e della polizia.

Se l’accampamento riesce a difendersi e rimane stabile per qualche tempo può iniziare la lunga trafila diplomatica e burocratica con il governo per ottenere la proprietà della terra e fondi per una strada di collegamento, corrente elettrica e l’avvio di attività di istruzione.

Spesso ci vogliono diversi anni prima che un accampamento possa trasformarsi in asientamiento, con le prime case di mattoni grezzi e l’avvio di attività agricole stabili.

E’ lì che andremo, in accampamenti e asientamientos, spostandoci in pullman, in moto o a piedi, dormiremo nelle loro case per capire le loro storie, che spero le nostre fotografie sappiano raccontare.

Gaia Squarci

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