Cartoline dalla Bosnia e storie di profughi

Intro:

A pochi km dall’Italia una vasta area dei Balcani è ancora ferita. Non sono ferite superficiali, non sono scottature, lividi o graffi. Sono tagli profondi nel tessuto sociale. Anni di guerre civili si superano in decenni, generazioni.

Abbiamo deciso di (ri)parlare di Bosnia, raccontando – con Francesco Cusenza – una storia di un piccolo gruppo di fantastici volontari che prestano la loro opera a Clapjina (con i profughi di Sarajevo) e con una serie di “cartoline” inviateci da Nando Piezzi.

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Cartoline dalla Bosnia e storie di profughi (foto di Francesco Cusenza e Nando Piezzi)

Capljina (Bosnia-Erzegovina) A quasi vent’anni dall’inizio della guerra civile che sconvolse la Bosnia-Erzegovina gli effetti devastanti di tale conflitto restano ancora evidenti all’occhio della gente.

Finita la guerra inizia la lotta per la vita.

Nella periferia della città di Capljina, a pochi chilometri da Medjugorje, vivono circa 200 profughi fuggiti da Sarajevo, dalla guerra e dalla “pulizia etnica” abbandonando la loro vita e diventando nessuno.

Tra di essi, anziani abbandonati dalle proprie famiglie perché un peso e bambini che non sanno neanche cosa vuol dire la parola futuro.

(clicca per la gallery)

Nel loro lungo viaggio da Sarajevo a Capljina hanno vissuto dentro dei vagoni abbandonati sulle rotaie nella frazione di Surmanci, mi raccontano che ci si doveva arrangiare come meglio si poteva e quando pioveva era facile vedere gente sdraiata sotto i vagoni per cercare un minimo riparo, un tetto sopra la testa.

In una situazione di grave dissesto finanziario come quella Bosniaca (il tasso di disoccupazione è al 60%) il minimo confort diventa un lusso, è per questo che il gruppo di profughi decide di abbandonare i loro vagoni per raggiungere Capljina ed il suo campo in cui l’acqua arriva quasi regolarmente e da qualche anno anche l’elettricità.

Incontro Ivan, il capo villaggio, nella sua casa di quattro metri quadrati, è appena tornato da Sarajevo per controllare che la sua casa sia ancora li o meglio che il cumulo delle macerie della sua casa non sia stato rimosso, parla con una serenità che rasenta la rassegnazione, è l’unico a parlare italiano, ci racconta di come negli ultimi anni stanno cominciando ad arrivare degli aiuti, soprattutto dall’italia.

Si tratta di cibo, indumenti e qualche volta anche giocattoli perché questi bambini nascono già adulti, già pronti a rinunciare, già pronti ad accontentarsi.

Molto attivo in questo ambito è un gruppo di giovani della cittadina di Onore in provincia di Bergamo, si tratta dei “Giovani di Maria” (info: giovanidimaria@gmail.com) che costantemente porta aiuti al campo ed ultimamente sta cercando di costruire una struttura di ricovero per gli anziani impossibilitati a sostenersi ma per far questo, mi dicono,  c’è bisogno di sensibilizzare quanta più gente possibile.

Sono ragazzi tra i 20 ed i 25 anni che combattono per dare un aiuto concreto e permanente in situazioni di estrema povertà dedicando tutto il loro tempo a disposizione per la ricerca di soluzioni realizzabili.

Quella Bosniaca è una realtà che difficilmente ritornerà alla normalità se non con grandissimi sforzi ma forse i primi ad aver gettato la spugna sono proprio i Bosniaci rassegnati agli eventi e troppo stanchi per farsi forza e risollevare il paese.

Francesco Cusenza/S4C

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Nando Piezzi/S4C ci invia invece delle “cartoline” da luoghi diventati, e purtroppo rimasti, noti all’opinione pubblica durante la Guerra: Mostar, Srebrenica, Medjugorje…. (cliccare qui per la gallery)

(click to see the photo gallery)




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